Il nome Tarantella deriva da una credenza popolare del Medioevo: durante i periodi di raccolta nei campi, quando partecipavano tutti i contadini, era molto comune essere morsi da animali che si nascondevano tra le piante. Alcuni di questi animali erano tarantole: ragni velenosi diffusi nel sud Italia.
Si credeva che, quando qualcuno era stato attaccato da una tarantola, entrasse in una trance dove l’ unico modo per non morire avvelenato era quello di ballare velocemente con frullati diversi, dove ogni scossava aveva un effetto diverso sulla persona, causando movimenti e gesti diversi. Solo la mossa giusta potrebbe salvare la vittima dalla morte. Si trattava di una convinzione così diffusa in tutta l’ Italia meridionale che attirava molti medici del tempo per studiare il caso misterioso che sembrava vero.
Il tempo passò, e il “Tarantoleo” (che era il nome dato allo stato di “trance” che causò i movimenti convulsi della danza) divenne una danza popolare che oggi fa parte del retaggio artistico-culturale dell’ Italia meridionale.
Fu solo alla fine del XIX secolo che si sapeva che il veleno tarantola non causò morte negli esseri umani, ma a volte solo febbre e/o stati di incoscienza o turbolenza emotiva. I contadini hanno confuso la tarantola con un’ altra specie di ragni velenosi molto simili ma meno numerosi di quelli che causarono la morte, come la famosa “Vedova Nera”.
Questa danza è diffusa nelle tipiche osterias e Trattorie del sud Italia. Dopo aver mangiato tutti i piatti tipici del luogo, gli ospiti si alzano per suonare gli strumenti e ballare la famosa Tarantella.
Ogni regione ha un diverso tipo di Tarantella, dove è possibile variare il ritmo – alcuni più lenti di altri – e alcuni strumenti musicali. Gli unici strumenti che non cambiano in nessuna versione sono i tamburelli, il flauto e la fisarmonica, così come la gioia e l’ emozione delle persone che partecipano alla danza.